perché non ci fidiamo degli altri

Perché non ci fidiamo degli altri?

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“Non è tanto dell’aiuto degli amici che noi abbiamo bisogno, quanto della fiducia che essi ci aiuterebbero nel caso ne avessimo bisogno.”
Epicuro

Perché non ci fidiamo degli altri?

Mai come in un simile periodo storico, la fiducia sembra essere sempre più rara e di conseguenza preziosa, riservata solo ai rapporti davvero speciali e duraturi, solitamente pochissimi nel corso di una vita intera. Eppure, la fiducia è alla base di ogni relazione umana, se non una condizione imprescindibile affinché le relazioni si realizzino. Ma allora perché non ci fidiamo degli altri?

Per constatare tutte le resistenze che proviamo nell’abbandonarci a un simile sentimento, è sufficiente fare un giro nelle massime e nelle frasi circolanti nel senso comune. Frasi come “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, “Non sono una persona che si fida facilmente” o “Dopo quello che mi è successo, ho paura a fidarmi di nuovo di qualcuno”.

Molto spesso noi stessi abbiamo sentito, detto o pensato frasi simili. Questo ci ha portato a sperimentare una conseguente paura di aprirci, magari a seguito di una brutta esperienza o di un vero e proprio trauma. Ci sono poi alcune persone che, da che ne hanno memoria, si espongono con grande difficoltà e tendono a tenersi “a debita distanza” da tutti, trattando con diffidenza chiunque tenti di stabilire un rapporto con loro.

Vale allora la pena chiedersi cos’è davvero la fiducia, cosa può incrinarla e perché è così difficile per le persone aprirsi a una simile sensazione.

Cos’è la fiducia e perché non ci fidiamo degli altri?

Fidarsi significa lasciarsi andare completamente con una persona. Non avere paura che esponendosi ci si mostri per come si è realmente, si manifesti una fragilità e se ne subiscano quindi conseguenze negative. Sono in molti a descrivere la sensazione di poter essere completamente se stessi con qualcuno come una delle più belle mai sperimentate.

Ma allora, cosa ci impedisce di fidarci delle persone, o di tornare a fidarci di nuovo?

Ogni relazione, che noi ne siamo consapevoli o meno, viene avviata e vissuta con delle aspettative che possono essere soddisfatte o meno. Il tipo di aspettative che possediamo affonda le radici nelle esperienze che abbiamo avuto nell’infanzia. Da piccoli, infatti, non abbiamo idea di “come funziona il mondo”, per cui è grazie ai nostri genitori, ai loro insegnamenti, a come si comportano con noi e con gli altri, che piano piano interpretiamo la realtà.

John Bowlby (1973) parlava di “modelli operativi interni”. Aspettative che si sviluppano a partire dall’infanzia e che contengono convinzioni su come è il mondo, su come siamo noi, su chi siano le figure in grado di fornirci supporto e quanto, ai loro occhi, siamo meritevoli di quello stesso supporto.

Il modello genitoriale nella fiducia

Se, ad esempio, quando stavamo male i nostri genitori erano lì per noi, ci sembrerà plausibile che le persone siano in grado di amare e di fornire conforto. Realisticamente, allora, ci formeremo delle aspettative che ci porteranno ad avvicinarci agli altri con fiducia. Non solo: Bowlby sottolineava anche che se crescendo impariamo a vedere il mondo come “un posto sicuro”, siamo anche più portati a esplorarlo, a sperimentarci al suo interno, e quindi a farne esperienza.

Non tutti però hanno vissuto nell’infanzia situazioni di questo tipo. Se il modo in cui i nostri genitori reagivano al nostro bisogno ci ha portato a credere che quando stiamo male verremo criticati, derisi, ignorati, o addirittura umiliati, le nostre aspettative nei confronti degli altri in futuro saranno radicalmente diverse. Il problema di aver vissuto un tipo di esperienza rispetto a un’altra è che quindi le convinzioni su noi stessi e sugli altri tendono ad auto-perpetrarsi.

A volte, un’esperienza particolarmente intensa e inaspettata può portarci a mettere in discussione anche le certezze che abbiamo sempre avuto. In alcuni casi si forma in noi l’idea che gli altri prima o poi finiranno per ferirci. In questo caso siamo di fronte a un’esperienza traumatica che finisce con la produzione di un cambiamento nel nostro modo di essere. Non riusciamo a vivere a pieno, come vorremmo, e finiamo per riconoscere in noi stessi qualcosa che non ci appartiene ma che in qualche modo ci ha segnato.

Non si nasce sfiduciati, lo si diventa

Queste riflessioni aiutano a capire come, in sostanza, non si nasce cinici o sfiduciati, lo si diventa. A seguito di certe esperienze, fidarsi (o ‘ri-fidarsi’) diventa una sfida grandissima, perché ci mette a rischio di essere feriti di nuovo. Possono formarsi convinzioni del tipo: “non posso mostrarmi per come sono realmente, perché non verrò capito” o anche “se gli altri sapessero come sono davvero, non vorrebbero mai avere a che fare con me”.

Questo porta a cercare il più possibile di tenersi a distanza da delusioni future. Non solo: a causa di questa paura o sfiducia, ogni gesto gentile o di attenzione nei nostri confronti verrà guardato con sospetto, e prima di sentirci tranquilli potremmo avere bisogno di così tante conferme da parte dell’altra persona da finire per esasperarla e allontanarla; il che, di nuovo, verrà interpretato solo come una conferma che gli altri sono inaffidabili, o che noi non valiamo niente.         

Come tornare a fidarsi degli altri

Ma allora, come imparare a fidarsi degli altri, o a fidarsi di nuovo? Un passo importante da fare è comprendere che siamo degni del trattamento che riserviamo agli altri e che vogliamo ricevere da loro, che è perfettamente ragionevole volere accanto persone di cui potersi fidare appieno, e che non dobbiamo accontentarci di nulla di meno. In sostanza non siamo persone cattive o naturalmente diffidenti, ma semplicemente abbiamo paura di stare male.

Capire determinate dinamiche ci può aiutare a far sì che, volta per volta, siano i fatti oggettivi a parlare. Cosa ci dice che di quella persona non dobbiamo fidarci? Come si comporta nei nostri confronti? E noi come ci comportiamo con lei? Cosa diamo agli altri, e cosa riceviamo in cambio? Sarà proprio vero che non ci si può fidare di nessuno, o forse dipende da persona a persona? Valutare ogni situazione singolarmente, ci permetterà di recuperare un punto di vista più accurato sulla realtà. In questo modo, saremo in grado di essere più liberi e in linea con noi stessi nelle nostre scelte relazionali.

In secondo luogo, bisogna sempre tenere a mente che la fiducia, dal nome stesso, è un atto di fede. Anche in quelle che sembrano le migliori situazioni, non avremo mai la totale certezza che l’altra persona non ci ferirà o non ci abbandonerà. Nessuno può garantirci che andrà bene ogni volta, ma se avremo più chiaro il nostro valore, un’esperienza di fiducia tradita potrà sempre essere contestualizzata ed elaborata di conseguenza, invece che essere vissuta come un trauma ulteriore.

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Dott. Filippo Faccini, Psicologo, Ph.D. in Psicologia Dinamico Clinica, Professionista CMT, Assegnista presso il Dipartimento di Psicologia Dinamica Clinica e Salute, cofondatore dello Studio di Psicoanalisi Castelli Romani.

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